Vendemmia, c'è il rischio del lavoro nero
Fame di manodopera nei vigneti romandi. Fino a qualche anno fa giovani svizzeri tedeschi e portoghesi invadevano le vigne romande per guadagnare qualche soldo, ora la loro mancanza si fa preoccupante. Soprattutto perché appare lo spettro del lavoro nero.
Le vacanze scolastiche in tempi diversi da cantone a cantone rappresentano un grande ostacolo per i giovani svizzeri tedeschi che desiderano raggranellare una paghetta nelle vigne romande, mentre la maggiore facilità a trovare lavoro in patria e salari più accattivanti nel settore edilizio hanno portato la manodopera lusitana - un tempo assidua - ad abbandonare aratri e mietitrebbiatrici.
Sensibile a questo problema, l'AGORA, Associazione dei gruppi e delle organizzazioni romande di agricoltori, vorrebbe assumere manodopera in provenienza dall'est europeo. Purtroppo, solo i cittadini dell'Ue ricevono un permesso di lavoro. Risultato: l'illegalità prolifica fra le vigne. Lo ha constatato Philippe Sauvain, segretario del Sindacato Edilizia e Industria (SEI).
Fino a poco tempo fa il lavoro in nero era totalmente assente da questo settore. «Stiamo ora assistendo a un boom di questo fenomeno che cresce parallelamente all'aumento della domanda e il rifiuto degli svizzeri ad esercitare lavori fisicamente logoranti», afferma il sindacalista. E il problema rischia di acuirsi con una congiuntura economica sempre più favorevole e con il continuo rifiuto delle autorità a rilasciare permessi di lavoro a cittadini che non provengono da paesi Ue.
Il canton Neuchâtel sembra aver risolto il problema a modo suo. La Confederazione non esige un permesso di lavoro per occupazioni che durano meno di otto giorni, spiega Claude Béguin, capo del servizio per gli stranieri. Poiché la vendemmia in questo cantone romando dura solo qualche giorno, i viticoltori possono assumere manodopera anche non Ue. Unica richiesta delle autorità: conoscere le generalità e la nazionalità dei lavoratori. L'organizzazione «Horizon Ferme» mette in piedi soggiorni in famiglie di viticoltori, ciò che ha permesso ad alcuni giovani svizzero tedeschi di trascorrere qualche settimana al di là della Sarine, malgrado la barriera linguistica.
Sono le aziende più piccole a ricorrere maggiormente all'aiuto confederato, mantenendo così intatta una tradizione che, via via, va scomparendo nelle grandi industrie. I giovani, che tramite Horizon Ferme hanno trovato un impiego temporaneo fra i vigneti della Romandia, ricevono una paga di 30 franchi al giorno. Vitto e alloggio sono a carico del viticoltore. E alcuni, se hanno lavorato bene, se ne vanno con la tasche più gonfie.
«Un paio di braccia in più non aiutano solamente nei lavori pesanti ma rappresentano anche uno scambio culturale importante fra gli svizzeri», afferma una famiglia vallesana che ha ospitato ragazzi svizzero-tedeschi. «Questi scambi ci fanno del bene».
Per quanto paradossale possa sembrare, i viticoltori della Svizzera tedesca non hanno invece alcun problema a trovare manodopera. Il lavoro è svolto principalmente da indigeni e i vigneti sono più piccoli. La famiglia e gli amici si rimboccano le maniche per dare una mano. Nelle aziende più grandi, i viticoltori devono far ricorso ad una vera manodopera.
swissinfo e agenzie

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