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Una vita all'insegna della riconciliazione

Frère Roger, il religioso vodese ucciso il 16 agosto a Digione, era il fondatore della Comunità ecumenica internazionale di Taizé.

Questo contenuto è stato pubblicato il 17 agosto 2005 - 10:34

La sua è stata una vita alla ricerca della riconciliazione tra le varie confessioni cristiane. Il via alla sua missione in un'Europa martoriata dalla Seconda guerra mondiale.

Frère Roger, nato a Provence (VD) da madre francese e padre svizzero, aveva compiuto 90 anni il 12 maggio scorso. Aveva studiato teologia protestante alle università di Losanna e Strasburgo.

«Senza fare inutili astinenze, attenetevi alle opere che Dio comanda: portare i fardelli degli altri, accettare le ferite meschine di ogni giorno. Apritevi a tutto quanto è umano e vedrete dissolversi ogni vano desiderio di fuggire dal mondo», scriveva Frère Roger nella regola della Comunità monastica di Taizé, da lui fondata nel 1940, durante la Seconda guerra mondiale, dopo esser partito dalla Svizzera in sella alla sua bicicletta.

Il giovane pastore protestante, al secolo Roger Schutz, ha 25 anni quando sente forte il richiamo a testimoniare un segno di riconciliazione tra gli uomini; così arriva in un remoto villaggio diroccato della Borgogna, lì acquista una vecchia casa per offrire riparo ai perseguitati, ai poveri, agli oppressi dalla follia che percorre l'Europa a ferro e a fuoco per gli eventi bellici.

L'ora dei cristiani nell'Europa del dopoguerra

Costretto dalla Gestapo nel 1942 a fuggire, Frère Roger trova riparo a Ginevra, dove rimane fino al 1944. Poi torna a Taizé. Nel 1945 si trova in un'Europa da riconciliare, come lo stesso priore della Comunità ricorda: «Si viveva un tempo d'inquietudine. Taizé era nata 5 anni prima. Molti si ponevano la domanda: cosa diventerà l'Europa? Oggi, è suonata o sta per suonare l'ora dei cristiani nel mezzo di tensioni e contraddizioni forti che scuotono numerosi fedeli. I cristiani possono più di quanto non immaginano, perché essi si nutrono dell'essenziale del Cristo, cioè le fonti della riconciliazione in vista della pace dell'intera famiglia umana».

Ed è proprio l'impostazione ecumenica che, superato il periodo bellico, caratterizza la comunità di Taizé, che in questi 60 anni moltiplica i suoi fratelli, un centinaio, di ogni confessione cristiana. A Taizé, infatti, cattolici e protestanti vestono lo stesso saio bianco e vivono la stessa vita comune. Alcuni poi sono emigrati in missione, per essere testimoni di pace e carità nei luoghi più poveri dell'America del Sud e del Nord, dell'Asia e dell'Africa.

swissinfo e agenzie

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