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Tribunale federale: non si voterà mai su accordo fiscale con GB

Questo contenuto è stato pubblicato il 05 giugno 2013 - 17:06
(Keystone-ATS)

Il popolo non sarà chiamato ad esprimersi in votazione sull'accordo fiscale, in vigore dall'inizio di quest'anno, tra Svizzera e Gran Bretagna. Per il Tribunale federale (TF), che ha bocciato un ricorso dell'ASNI, il responsabile del ritardo nella consegna delle firme alla Cancelleria federale è il comitato referendario.

I giudici della prima Corte di diritto pubblico, oggi in una decisione pubblica, hanno respinto un ricorso dell'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), che aveva promosso il referendum assieme alla Gioventù socialista svizzera (GISO).

La Cancelleria federale lo scorso 30 ottobre aveva constatato che gli oppositori agli accordi fiscali con Germania, Gran Bretagna e Austria, che prevedono un'imposta liberatoria, non erano riusciti a raccogliere, anche se di misura, le 50'000 firme necessarie per nessuna delle tre intese.

Nel suo ricorso, l'ASNI sosteneva che alcuni comuni fossero responsabili per le firme mancanti. Infatti, affermava, le sottoscrizioni vidimate erano giunte in ritardo alla Cancelleria federale a causa di errori da loro commessi.

In particolare dal canton Ginevra migliaia di firme erano pervenute a Berna in ritardo perché le autorità competenti per la vidimazione le avevano inviate per posta B il giorno precedente alla scadenza dei termini di referendum.

Secondo l'ASNI, le firme in questione andavano dunque contabilizzate. I giudici hanno invece affermato che il ritardo è, in definitiva, imputabile ai promotori del referendum.

Il TF precisa che 3847 sottoscrizioni sono state inoltrate al servizio ginevrino competente "solo" al 97esimo giorno del termine referendario, che è di 100 giorni. Grazie a un "dispositivo particolare", la autorità ginevrine sono riuscite a vidimare le firme il 99esimo giorno, ma poi "per inavvertenza" non le hanno inviate per posta prioritaria.

I giudici fanno chiaro riferimento alla Legge federale sui diritti politici (LDP) che esige che le sottoscrizioni siano inviate "tempestivamente" prima della scadenza del termine referendario al servizio cantonale competente per la vidimazione. Il termine, nel 1997, è del resto stato portato da 90 a 100 giorni proprio per facilitare il lavoro dei promotori di referendum, ricordano i giudici. Di regola, sottolinea il TF, la responsabilità dell'inoltro puntuale delle firme è dunque degli oppositori a una legge.

In un caso come quello avvenuto a Ginevra, i promotori del referendum devono adottare i provvedimenti per evitare eventuali problemi. L'invio per posta B costituisce senza dubbio un errore delle autorità, ma il comitato avrebbe dovuto sapere che i tempi erano stretti e adottare le misure per garantire l'arrivo delle firme in tempo a Berna. Nel caso concreto gli avversari dell'accordo con la Gran Bretagna avrebbero dovuto raccogliere le firme vidimate e trasportarle loro stessi alla Cancelleria federale (CaF).

In casi estremi, che non sono realizzati nella fattispecie, la CaF è comunque tenuta a considerare anche firme pervenute in ritardo. I giudici citano situazioni quali uno sciopero alla Posta, ritardi dovuti al maltempo e la volontà di trattenere le firme già vidimate.

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