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BE: difensore del "guaritore" chiede assoluzione

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 marzo 2013 - 18:22
(Keystone-ATS)

Al processo nei confronti del cosiddetto "guaritore di Berna", il difensore ha chiesto l'assoluzione. È vero che non si può escludere che l'imputato sia colpevole, ma ci sono "troppi dubbi" per una sentenza di colpevolezza, ha dichiarato oggi il difensore d'ufficio Ernst Reber.

Inoltre durante la perquisizione della casa non è stato trovato "nessun strumento per prelevare il sangue". Mancano quindi le prove. Anche con la sorveglianza telefonica non si è trovato niente di concreto.

La perizia filogenetica sarebbe inoltre "prevenuta", secondo Reber, che critica anche i media, i quali dal 2010 avrebbero condotto una vera e propria campagna persecutoria contro il suo mandante. Ciò ha portato a nette violazioni della presunzione d'innocenza e pre-condanne.

Tutti i sei legali delle vittime hanno richiesto invece un verdetto di colpevolezza. Il procuratore pubblico giovedì scorso aveva chiesto quindici anni di carcere per lesioni personali gravi e propagazione di malattie dell'uomo.

I legali delle vittime vogliono assicurarsi che l'accusato non torni più a piede libero. Ma per far sì che il "guaritore" rimanga dietro le sbarre, è necessario un ordine di carcerazione di sicurezza. Questo può essere prescritto quando sussiste il pericolo che l'imputato fugga all'estero. Secondo l'avvocato Matthias Aeberli nel caso trattato esiste questo pericolo e quindi bisogna evitare in tutti i modi che ciò possa accadere.

Il processo è ripreso stamattina senza l'imputato, il quale si trovava da venerdì nel reparto detenuti dell'Inselspital, aveva affermato il giudice Urs Herren. Nel pomeriggio l'uomo è comparso di nuovo davanti al Tribunale regionale di Berna-Mittelland, poiché i medici lo hanno dichiarato trasportabile. Al termine dell'udienza è stato condotto al carcere regionale di Berna, dove resterà fino all'annuncio della sentenza, previsto giovedì o venerdì.

Il cosiddetto "guaritore di Berna" è accusato di aver inoculato volontariamente il virus dell'aids ad almeno sedici suoi "pazienti".

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