Disarmo nucleare, critiche per la mancata firma di Berna
Sta suscitando critiche la mancata adesione della Svizzera al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) negoziato a livello di Nazioni Unite l'anno scorso.
La decisione era stata presa mercoledì dal governo federale - nonostante il voto favorevole del Consiglio Nazionale - sulla scorta delle conclusioni del gruppo di lavoro interdipartimentale che aveva messo in luce gli elementi di criticità del documento per la politica della Confederazione.
In particolare, il Consiglio federale sottolineava che il trattato rischia di compromettere, nell'attuale contesto internazionale, i negoziati sul disarmo e gli stessi interessi della politica di sicurezza della Svizzera.
Una posizione che tradotta in altre parole evidenzia l'intento di Berna di non precludersi a priori il sostegno fornito dall'ombrello nucleare" della Nato, organizzazione di cui peraltro non fa parte, a scopo di difesa nei confronti di eventuali minacce esterne.
Contro l'orientamento di Berna si è però subito scagliata Beatrice Fihn, direttrice dell'Ican, consorzio di oltre 400 ong che si battono in oltre cento paesi per l'abolizione degli ordigni nucleari.
Per la responsabile del "cartello" vincitore del Nobel per la pace 2017 è "scioccante" il presunto cambio di politica estera elvetica, che fa prevalere i propri interessi nazionali su una tematica di rilevanza globale.
In realtà sono pochi finora i paesi che hanno firmato l'accordo (solo l'Austria in Europa) e la Confederazione, sembra di capire, intende osservare gli sviluppi prima di aderire a un'intesa che non sta incontrando sufficienti sostegni sul piano internazionale.
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