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"Il governo non è stato in grado di fornire una risposta efficace"

Il colpo di Stato in Burkina Faso è stato accolto positivamente da una parte della popolazione. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved.

L'esercito ha preso il potere in Burkina Faso. La situazione nella regione del Sahel sta diventando sempre più instabile, spiega Melchior Lengsfeld dell'organizzazione svizzera di aiuto allo sviluppo Helvetas. Intervista.

Questo contenuto è stato pubblicato il 26 gennaio 2022 minuti

SWI swissinfo.ch: Sabato lei era ancora in Burkina Faso sabato e domenica sera i militari hanno organizzato un colpo di Stato contro il governo di Roch Marc Kaboré. Che cosa è successo?

Melchior Lengsfeld: La settimana scorsa abbiamo visitato alcuni dei luoghi in cui siamo attivi, ciò che è stato possibile solo in misura limitata a causa della difficile situazione in materia di sicurezza. Nelle zone più stabili, i nostri programmi continuano a funzionare bene, ma recentemente c'è stato un notevole peggioramento sul fronte della sicurezza in varie regioni del Paese. A causa del parallelo deterioramento della situazione economica e della presenza di gruppi armati di opposizione in alcune parti del Paese, il clima è diventato sempre più teso.

Sabato sono state annunciate manifestazioni nella capitale Ouagadougou, che però sono state vietate. È stato anche imposto un coprifuoco. Voci di un imminente colpo di Stato circolavano già la settimana scorsa. Era chiaro che una parte dell'esercito fosse scontenta.

Già alla fine dell'anno scorso sono stati arrestati ufficiali militari sospettati di pianificare un colpo di Stato. Qual è il sostegno del governo tra la popolazione?

Per quello che possiamo osservare, le reazioni della popolazione sono piuttosto positive. Molte persone sono sollevate dal fatto che stia succedendo qualcosa. Un colpo di Stato probabilmente non era esattamente quello che volevano, ma il Governo non è stato in grado di fornire una risposta efficace ai problemi che si stanno progressivamente acuendo nel Paese.

Melchior Lengsfeld è direttore di Helvetas dal 2005. Maurice K. Grünig

La crisi è multipla, poiché non riguarda solo i gruppi armati che operano principalmente nelle regioni di confine del nord, dell'ovest e dell'est. Da tempo, il Paese sta soffrendo anche a causa della siccità. Tre milioni di persone vivono nell'insicurezza alimentare, una situazione che può portare a disabilità per tutta la vita, soprattutto tra i bambini.

A causa del conflitto, ci sono un milione e mezzo di persone sfollate all'interno del Paese, alcune delle quali hanno dovuto abbandonare le proprie case. La situazione economica è pessima, le entrate - generate ad esempio dall'estrazione dell'oro o dalla coltivazione del cotone - non sono suddivise tra le regioni, il che porta all'erosione della coesione sociale. In alcune zone di conflitto, inoltre, le scuole sono chiuse da anni. Per molte persone, la situazione è quindi molto tesa da parecchio tempo.

Nel Sahel, la violenza e l'instabilità sono in costante aumento da anni. Era solo una questione di tempo prima che anche il Burkina Faso ne fosse colpito?

È certamente un fenomeno regionale. Da qualche tempo, la stabilità politica è sotto pressione anche nelle nazioni vicine, che sono confrontate con problemi simili. In quest'ottica, il colpo di Stato era prevedibile, poiché la risposta del governo alle varie crisi del Paese non è stata abbastanza tangibile. Bisogna riconoscerlo: il conflitto è così stratificato che una soluzione unicamente militare non è possibile.

Molti osservatori ritengono che il peggioramento sul fronte della sicurezza sia in buona misura il risultato di progressi insufficienti e di una mancanza di prospettive per molte persone in Burina Faso. Questo non può essere superato solo con mezzi militari, ma ci vuole una strategia di sviluppo economico e sociale più ampia: centri sanitari, scuole e opportunità economiche, soprattutto per la gioventù.

Oggi, molti giovani si uniscono a gruppi armati di opposizione perché semplicemente non hanno alternative o prospettive. Da un lato, perché sono spinti a farlo, dall'altro, perché hanno così uno stipendio. Per alcuni è l'unico modo di guadagnare qualcosa.

Crisi economica, crisi climatica, crisi di sicurezza: ci sono quindi diversi fattori in gioco. Che ruolo hanno i gruppi islamisti che operano anche nei Paesi vicini?

Lo sfondo islamista è uno dei molteplici fattori. È certamente meno presente che in Asia centrale. Constatiamo che spesso i nostri progetti possono andare avanti anche in aree insicure. Siamo attivi nell'approvvigionamento idrico, nell'istruzione, lavoriamo nel settore agricolo e nella costruzione di strade che permettono alla gente di accedere a mercati, istituti d'insegnamento e centri sanitari.

Collaboriamo anche con donatori governativi quali la cooperazione svizzera (Direzione dello sviluppo e della cooperazione, DSC). Finora, non siamo stati presi di mira dai gruppi armati e le ONG internazionali non sono state oggetto di attacchi.

Da quanto tempo Helvetas è presente in Burkina Faso?

Siamo presenti dal 2003 e al momento disponiamo di circa 60 collaboratori locali in tutto il Paese. La popolazione è soprattutto rurale, quindi il nostro impegno si concentra principalmente sull'accesso all'acqua e all'igiene. Ma anche la costruzione di strade è importante: in un Paese dove le infrastrutture sono molto poco sviluppate, si è rivelata un grande acceleratore dello sviluppo. Anche i programmi educativi sono una priorità.

Conosco il Burkina Faso da quasi 20 anni. Lavoriamo con gli attori locali e il settore privato locale. Di solito portiamo avanti i nostri programmi in collaborazione con le autorità elette. Questo crea sostenibilità e continuità. Anche qui ci sono ora partner solidi che lavorano con competenza e affidabilità. Quindi ci sono sicuramente sviluppi positivi che ci danno speranza.

Quale sarà il prossimo passo di Helvetas?

Per motivi di sicurezza abbiamo sospeso il nostro lavoro e monitoriamo la situazione da vicino. Tuttavia, non ci aspettiamo che il colpo di Stato avrà un forte impatto su di noi e speriamo di poter riprendere il lavoro nei prossimi giorni o settimane.

Per quanto riguarda il Paese, il comportamento futuro dei militari sarà cruciale, soprattutto per quanto riguarda la promessa di una transizione verso un ordine civile e costituzionale. Il sostegno della società può erodersi rapidamente se non si trovano soluzioni ai molti problemi.

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