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Polizia svizzera sotto la lente di Amnesty International

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Amnesty international (AI) fustiga di nuovo la Svizzera, nel suo rapporto annuale 2001 pubblicato mercoledì, per le brutalità commesse dalla polizia nei confronti dei piccoli delinquenti. A livello mondiale il rapporto 2001 di AI mette all'indice i Paesi nei quali tortura, pena di morte e violazione dei diritti dell'uomo sono all'ordine del giorno.

Questo contenuto è stato pubblicato il 31 maggio 2001 - 10:54

Quale esempio in Svizzera trattamenti» su detenuti comuni, Amnesty menziona il caso di uno studente 17enne, proveniente dall'Angola, che - fermato a Ginevra da tre poliziotti nel marzo 2000 - sarebbe stato preso a calci e a manganellate fino allo svenimento. Il ragazzo ha sporto denuncia contro gli agenti, rei di averlo anche pesantemente insultato.

La procura ginevrina chiuse il caso il mese successivo, senza mai aver ascoltato il 17enne. Solo in seguito ad un ricorso - sottolinea AI - è stata disposta un'inchiesta più approfondita sull'accaduto.

Nel gennaio 2000 la procura distrettuale di Zurigo ha avviato un inchiesta penale contro tre poliziotti implicati nella morte del richiedente l'asilo palestinese Khaled Abu Zarifeh, avvenuta il 3 marzo 1999 all'aeroporto di Zurigo-Kloten. In vista dell'espulsione, al richiedente l'asilo espulso erano stati somministrati dei calmanti ed era stato imbavagliato con nastro adesivo ed ammanettato. Il rapporto del medico legale parlava di «morte per asfissia», ricorda AI, perché i tre poliziotti avevano atteso troppo prima di togliere il nastro adesivo dalla bocca dell'uomo ormai esamine.

Nel rapporto AI torna pure sul caso di Fulgence Niyonteze: a suo parere l'anonimato dei testimoni non è stato dovutamente protetto durante il processo a carico del ruandese, condannato a fine aprile 1999 per crimini di guerra nel suo Paese.

Infine, per quanto concerne lo stato di salute dei diritti umani in quasi ogni angolo del pianeta, il rapporto 2001 di AI fotografa la situazione di 148 Paesi in 650 pagine. Dal documento esce anche il messaggio che Amnesty accompagna alla pubblicazione di quella che viene definita una sorta di «storia delle
storie del mondo», messaggio indirizzato agli Stati del mondo affinché non abdichino al loro dovere di difendere i diritti umani con la scusa della globalizzazione.

Nel 2000 i «nemici numero uno» di Amnesty sono stati la tortura, la pena di morte - oggetti di due campagne di sensibilizzazione -e l'impunità. I Paesi rimasti «impenetrabili» per oltre un milione di sostenitori e volontari dell'organizzazione sono stati il Vietnam, il Laos, la Corea del Nord e la Cina.

«Azioni speciali» sono state affrontate da Amnesty in risposta a situazioni di emergenza: in Sierra Leone si è mobilitata per proteggere rifugiati e sfollati e ha denunciato il «diffuso impiego di bambini-soldato». Ha anche sottolineato la necessità di «impedire il traffico illecito di diamanti dalla Sierra Leone usato per finanziare le armi acquistate dalle forze ribelli».

swissinfo e agenzie

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