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Paléo Festival Nyon: un quarto di secolo in cinque parole-chiave

Neil Young (foto d'archivio del 1990) è uno dei 2000 artisti di tutto il mondo che in 25 anni hanno animato il festival di Nyon Keystone

P.A.L.E.O. Ad ognuna di queste lettere il direttore del festival Daniel Rossellat ha attribuito una parola-chiave per descrivere i 25 anni del più grande open air della Svizzera Romanda, iniziato martedì pomeriggio.

Questo contenuto è stato pubblicato il 25 luglio 2000 minuti

P come «Public»: dalla prima edizione al coperto nell'aprile del 1976 con 1'800 spettatori ai 200'000 dell'edizione scorsa, il festival ha accolto più di due milioni di spettatori.

A come «Argent»: 15 milioni di franchi di budget annuale coperti dalla vendita dei biglietti (sei milioni), dai consumi ai bar e dalla vendita di oggetti (altri sei milioni) e dagli sponsor. Il festival è gestito come un'impresa ed ha costituito un fondo di riserva per i momenti difficili. L'associazione possiede partecipazioni di una mezza dozzina di società più o meno direttamente collegate alla manifestazione: vendita di dischi, stampa dei biglietti, dei manifesti e via dicendo.

L come «LSD»: a Rossellat non piace collegare «droga» con il suo festival, «sarebbe stato meglio scegliere 'libertà'» dice il direttore. Due decessi per overdose hanno finora segnato il festival. Ma a suo avviso il problema non è grave. «Bisogna essere realisti: proporzionalmente non gira più droga qui che altrove».

E come «Emotion»: Miles Davis, Joe Cocker, Ray Charles, Bob Dylan, Neil Young, Paul Simon, Joan Baez o ancora Juliette Greco, Charles Trénet e Charles Aznavour; i circa duemila artisti saliti sui palchi durante le 24 edizioni hanno scritto la storia ed il mito di uno dei più grandi festival d'Europa. «E' per questi momenti magici che lavoriamo; sono la nostra ricompensa» spiega il direttore. E i sogni? «Oh, ne restano». Per citarne alcuni: Eric Clapton, Leonard Cohen o Peter Gabriel.

O come «Organisation»: in 25 edizioni la figura del direttore ha lasciato la sua impronta dappertutto, dalle scelte musicali alle decorazioni. Allora Daniel Rossellat è un despota? «Non penso, è necessario che qualcuno decida».

swissinfo e agenzie

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