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Massacro di Luxor: pubblicato rapporto finale

Il Ministero pubblico ha sospeso l'indagine sull'attentato di Luxor del '97, che causò la morte di 62 persone, tra cui 36 Svizzeri. Non sono attese informazioni tali da portare nuova luce su quella tragedia, si legge nel Rapporto della polizia federale.

Questo contenuto è stato pubblicato il 10 marzo 2000 - 12:16

Gli inquirenti svizzeri si dicono persuasi che quell'attentato non era diretto né contro la Svizzera, né contro suoi cittadini, bensì contro il governo egiziano, che miravano a destabilizzare. Soltanto una tragica fatalità ha portato quel 17 novembre 1997 una comitiva di turisti elvetici ad esser presenti al tempio di Hatscepsut.

I sei terroristi implicati nell'attentato e che perirono nel porre in atto la loro deliberata volontà di provocare una strage appartenevano all'ala militante dell'organizzazione «Gamaa al-Islamija». I servizi di sicurezza egiziani, si afferma nel rapporto, non avevano su di essi precise informazioni, anzi, la maggior parte era perfino sconosciuta. Potrebbero essere stati guidati, dal Sudan, da Mustafa Hamza, una delle figure più importanti dei movimenti terroristici egiziani.

I terroristi non intendevano procedere ad alcun sequestro di persona da scambiare poi per la liberazione dello sceicco Omar Abderrahman, detenuto negli USA per complicità nell'attentato al World Trade Center di New York. Tutto lascia ritenere che abbiano aperto il fuoco all'impazzata e immediatamente, con l'intento di abbattere il maggior numero possibile di persone.

Nella strage sono state adoperate armi di fabbricazione sovietica, provenienti probabilmente da assalti precedenti a caserme di polizia, e due pistole sottratte alle guardie a Luxor, quattro delle quali rimasero uccise.

Per far luce sulla vicenda, su cui avrebbe dovuto indagare il ministero egiziano della giustizia, il 26 aprile '98 una prima delegazione della Polizia federale si recò al Cairo. In seguito, a più riprese ha cercato di recuperare gli effetti personali delle vittime, senza però riuscirci. Questo aspetto della tragedia è rimasto avvolto da un alone di mistero: le autorità egiziane escludono che ci siano stati dei furti, e si trincerano dietro il fatto che le operazioni di soccorso si sono svolte in condizioni molto difficili.

Quasi impossibile ricostruire il filo esatto degli avvenimenti dal momento dell'attacco fino alla morte dei terroristi: mancano testimonianze delle forze di sicurezza egiziane, giunte sul posto quando ormai tutto era stato consumato. Inutilizzabili, in quanto spesso contraddittorie, le dichiarazioni dei testimoni.

Inoltre la Svizzera non ha potuto disporre di tutti gli elementi dell'inchiesta, poiché le autorità egiziane non hanno trasmesso né i referti medico legali, né i verbali degli interrogatori, si afferma nel rapporto.

Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) aprì il 13 ottobre 1998 un'inchiesta contro ignoti e indirizzò una domanda di assistenza giudiziaria all'Egitto. Tale richiesta fu accordata nel maggio 1999, data in cui Carla Del Ponte, ex procuratrice della Confederazione, si recò al Cairo.

Ma a tutt'oggi i fatti di quel mattino del 17 novembre non hanno avuto tutte le risposte ed è inutile sperare in informazioni complementari. Per questo la Polizia federale ha proposto di sospendere l'inchiesta, pronta a riaprirla se dovessere emergere nuovi elementi.

swissinfo-agenzie

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