Le difficili sfide della Conferenza ONU sul razzismo
Si conclude venerdì la conferenza sud africana sul razzismo. Un lavoro difficile che sembra però volgere ad un successo. Questo malgrado le pesanti ipoteche che pesavano sui dibattiti. La responsabile della delegazione elvetica, Claudia Kaufmann, si appella alla "vigilanza, alla responsabilità e al coraggio" di ogni singolo per portare a successo gli impegni dello Stato.
"Le sedute dei gruppi di lavoro, tenuti a redigere sia una dichiarazione politica sia un programma d'azione, durano fino a mezzanotte. C'è molta voglia di lavorare da parte di tutti ". Così ci ha detto giovedì al telefono la Signora Claudia Kaufmann, capo della delegazione svizzera alla conferenza mondiale sul razzismo di Durban.
Al vertice ONU, che si conclude venerdì, il clima è andato però via via peggiorando. La questione mediorientale e quella dello schiavismo e le riparazioni, sono i punti sui quali il fossato preesistente si è allargato. Nonostante gli sforzi intrapresi dalla delegazione norvegese per trovare un accordo sulle bozze, gli Stati Arabi hanno perseverato nella loro pesante linea secondo cui, nei Territori, vige uno stato d'occupazione e d'apartheid.
Le ONG hanno infuocato ulteriormente l'ambiente con quel passaggio della loro dichiarazione di lunedì scorso, in cui hanno definito Israele come uno stato razzista. Questo documento è diviso in svariati passaggi che sono stati redatti da sottogruppi indipendenti e non comunicanti tra loro. Nessun delegato ONG elvetico faceva parte del gruppo che ha redatto il passaggio in questione.
La somma di questi fatti ha portato la nazione guidata da Ariel Sharon e gli Stati Uniti ad abbandonare la conferenza. La Svizzera "è dispiaciuta di queste partenze poiché considera importante partecipare fino alla fine". Anche il primo ministro francese, Lionel Jospin, ha ventilato un possibile ritiro se la questione sionismo uguale razzismo resta d'attualità.
La tratta degli schiavi come ipoteca sui dibattiti
L'altro punto centrale, le riparazioni per la tratta degli schiavi, è uno spettro che spaventa non solo gli USA ma anche diverse nazioni europee come la Spagna, l'Inghilterra, il Portogallo e il Belgio. Queste nazioni vogliono "chieder scusa" senza però che ciò conduca a delle richieste di risarcimenti, fortemente richiesti invece dall'Africa. Anche le posizioni su questo punto non si sono che radicalizzate.
La segretaria di stato svizzera si è espressa mercoledì mattina. La signora Kaufmann ha innanzitutto affermato che la lotta al razzismo deve coinvolgere tre attori: lo Stato, la società e gli individui. "La vigilanza e il coraggio civile di ognuno ci proteggono dal razzismo quanto le misure mirate dello Stato. La società è sfidata, nel campo del diritto privato, per esempio per l'accesso al lavoro o le condizioni d'alloggio". E' solo attraverso questa sinergia che, secondo la Confederazione, si può' vincere la discriminazione ed il razzismo. In seguito ha messo in rilievo la necessità di un partenariato con le ONG in questa lotta.
La capo delegazione ha illustrato anche con esempi nazionali, i problemi ai quali lo stato deve far fronte: dalla protezione delle vittime del razzismo alla discriminazione delle donne. La Svizzera ha suscitato grande interesse pronunciandosi su l'educazione per tutti, "bisogna resistere alla tentazione di considerare gli immigrati come un peso per la scuola", "affrontare la storia senza negarla" come abbiamo fatto facendo fronte alle nostre responsabilità nei confronti degli ebrei, dei Sinti e dei Rom durante il regime nazista e su Internet, "come fermare la propagazione dei siti razzisti?"
I problemi che ruotano attorno alle discriminazioni e al razzismo sono dunque attuali, tanti, vasti e difficili. Restano poche ore per fare qualche passo avanti nella ricerca di soluzioni.
Sonia Salmina

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