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Intrecci di cemento, acciaio, vetro e legno

Spazi ariosi grazie ai giochi di luce Keystone

Entrando nella stazione di Ginevra, il viaggiatore costeggia una facciata in legno, segno inconfondibile del Centro di manutenzione dei convogli delle FFS.

Questo contenuto è stato pubblicato il 15 agosto 2005 - 11:21

In questo bell'edificio le composizioni degli InterCity tornano a nuovo , il tempo di due traversate della Svizzera

"Si tratta di un sito industriale, era pertanto logico utilizzare i tradizionali materiali dell’industria, ossia cemento, acciaio, vetro. L’impiego del legno, invece, è piuttosto inatteso". E’ quanto spiega Jean-Michel Bringolf, capo del "management" dei progetti di architettura delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS) per la Svizzera romanda.

Sin dall’inizio, e d’intesa con le autorità politiche locali, si era subito optato per un massiccio impiego del legno nella costruzione.

Un’idea non solo legata alla volontà di promuovere un materiale indigeno, ma anche dettata dal desiderio di ricordare che il sito attuale era quello del porto franco di Ginevra, che dispiegava i suoi immensi depositi in legno lungo i binari.

Tra tradizione ed eleganza

"Ci siamo subito resi conto – racconto Bringolf - che il legno non era ideale per le strutture portanti, non abbastanza rigido e troppo costoso". Gli architetti hanno allora proposto di utilizzarlo per rivestire le facciate esterne.

"Per complicare loro la vita, abbiamo chiesto di procedere al rivestimento delle facciate allo stesso prezzo della latta tradizionale".

Una vera sfida. E per vincerla i costruttori hanno avuto un lampo di genio: ricoprire le facciate di piccole tavole (75 x35 cm), che si sovrappongono come delle scandole. Le scandole ricordano le tegole in legno che ricoprono tradizionalmente i tetti dei châlets degli alpeggi.

"Con una piccola differenza, però: in questo caso ogni pezzo – precisa Bringolf – è dieci volte superiore a quelli usati per i châlets. E su una facciata lunga 310 metri l’effetto è proprio quello delle scandole".

Quanto al resto, l’edificio integra i moduli di costruzione sperimentati nell’edilizia industriale, tra cui la copertura a "sheds" delle feritoie parzialmente vetrate che di giorno lasciano filtrare la luce. Insomma tutto è stato studiato per fare del Centro una costruzione funzionale, economica ed ecologica.

"Cerchiamo sempre soluzioni tradizionali – riassumere Bringolf - interpretate con molta finezza ed eleganza". Il responsabile è particolarmente fiero di aver potuto contare, per la realizzazione dell’opera, su architetti rinomati quali Jacques Richter e Ignacio Dahl Rocha di Losanna.

Due ore per convoglio

All’interno della struttura è come un formicaio: circa 130 persone si attivano al ritmo di 16 ore al giorno. Il Centro di manutenzione è destinato in priorità ai 44 convogli pendolari Intercity (ICN), composizioni automotrici formate da sette elementi che non si separano mai.

Ciascuna di esse resta al Centro non più di due ore, il tempo sufficiente per effettuare i lavori di manutenzione tecnica e di pulizia.

Per procedere all’operazione, si posteggiano i treni su uno dei cinque binari collocati sopra una fossa, per permettere agli operai di accedere facilmente alla parte inferiore dei vagoni. Per i lavori sul tetto, le linee di contatto sono ritrattabili, un’altra astuzia tecnica unica in Svizzera.

"Qui non facciamo grandi revisioni – osserva Patrick Caillet, responsabile del Centro – poiché non si tratta di un’officina. Abbiamo tuttavia proceduto a livellare tutti i convogli ICN, a cui non mancano gli intoppi una volta usciti dalla fabbrica".

Malgrado tutto il Centro è equipaggiato per profilare le ruote dei treni, un lavoro che deve essere effettuato ogni 250 mila km. Sapendo che un ICN percorre tra i 1000 e il 1'500 km al giorno, non si resta di certo con le mani in mano.

E quando arriva il momento di cambiare le ruote (dopo 1 milione di km), il Centro è pure dotato di un ascensore che permette di sostituire un carrello intiero, senza che i vagoni debbano lasciare le rotaie.

Occhio ai graffiti

Punto finale della corsa (come Basilea, Chiasso e Romanshorn), la stazione di Ginevra era il luogo ideale per accogliere il Centro, dove i convogli ritrovano lustro e splendore.

"I compartimenti fumatori – precisa Caillet – ci danno in media il 30% di lavoro supplementare, per le pulizie". Non c’è dunque da stupirsi se il responsabile attenda con impazienza l’arrivo dei convogli Cisalpino, 100% non fumatori. Aspettando che il divieto di fumo si estenda, un giorno, su tutta la rete delle FFS.

Restano i graffiti. Le bande di "sprayer" sono molto ben organizzate. Colpiscono di notte, con degli apparecchi per vedere di notte, evitando così di attirare l’attenzione attraverso fonti luminose. Sono spesso sintonizzate sulle frequenze della polizia, per sparire al minimo segnale di allerta.

La politica delle FFS è molto chiara su questo punto: si pulisce immediatamente, qualunque sia il valore artistico dell’esecuzione. E’ infatti dimostrato che i viaggiatori non si sentono sicuri in carrozze variopinte.

"Inoltre – aggiunge Caillet – lo scopo di queste persone è di farsi notare. Dunque, se le loro opere spariscono pressoché istantaneamente, ci sono buone possibilità che si scoraggino".

swissinfo, Marc-André Miserez, Ginevra
(traduzione e adattamento Françoise Gehring)

In breve

Il Centro di manutenzione dei convogli FFS di Ginevra Cornavin è stato inaugurato nell’estate del 1999, dopo due anni di lavori.

Questo edificio (310 metri di lunghezza, 45 di larghezza e 10 di altezza) contiene 1270 metri di binari interni per la manutenzione e la pulizia dei treni. Vi restano in media due ore.

Il Centro è situato sui vecchi depositi del porto franco di Ginevra, uno spazio di 40 mila metri quadri sul quale è stato costruito un fascio binari per le manovre, lungo 7,4 km.

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