In California, il mercato immobiliare è agonizzante
Mentre i venti di crisi sferzano l'intero pianeta, nell'ultimo scorcio del 2008 swissinfo ha raccolto le testimonianze – constatazioni, analisi e speranze – degli svizzeri espatriati nei cinque continenti. Oggi, la parola passa a Kurt Engel, proprietario di un UPS Store in franchising nel Nord della California.
swissinfo: Ci descriva brevemente la sua vita...
Kurt Engel: Vivo e lavoro in una periferia tipicamente americana, una cinquantina di chilometri a est di San Francisco. Originariamente, era una zona prettamente agricola, ma negli ultimi dieci anni, il massiccio insediamento di punti vendita della grande distribuzione e la costruzione di case per la classe media ne hanno mutato il volto.
swissinfo: Da diversi mesi ormai la crisi occupa le prime pagine dei giornali. Nella regione in cui risiede se ne avvertono concretamente gli effetti?
Assolutamente sì. Da noi, gli effetti più evidenti riguardano il settore immobiliare. Nel corso dei prossimi cinque anni era prevista la costruzione di 10'000 alloggi, ma ora i progetti sono stati tutti accantonati.
Nel quartiere dove abito, ovunque si volge lo sguardo, si scorgono cartelli di abitazioni pignorate. La mia stessa casa ha subito un deprezzamento. Oggi vale sicuramente meno rispetto a cinque anni fa quando la acquistai.
Attualmente, rimborsare un prestito immobiliare a tasso variabile è un compito oltremodo arduo per non dire impossibile.
swissinfo: Lei è proprietario di un UPS Store in franchising. Che cosa è cambiato nel Suo settore professionale nel corso del 2008?
K.E: Per fortuna non sono tra coloro che risentono direttamente dei contraccolpi della crisi. D'altro canto, grazie a un volume delle vendite di quattro volte maggiore rispetto al resto dell'anno, dicembre è un mese particolarmente redditizio per il mio settore.
Le persone viaggiano meno, ma continuano a inviare pacchi per le feste perché è meno dispendioso. Insomma, più che la crisi, mi preoccupa l'insediamento nella strada qui accanto del mio concorrente diretto Fedex.
swissinfo: Nel suo sketch intitolato «Il disoccupato» Coluche ha detto «Sembrerebbe che la crisi renda i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Non vedo dove stia la crisi. Da che ricordo è sempre stato così.» Cosa ne pensa di questa affermazione?
K.E: Se mi avesse posto questa domanda due anni fa, le avrei risposto che Coluche ha perfettamente ragione. Ma in questa situazione specifica, l'affermazione non è veritiera. Questa volta, infatti, i ricchi hanno perso una parte consistente dei loro investimenti.
Ovviamente tutto è relativo: ad esempio, chi ha perso la metà di un portafoglio borsistico di 20 milioni, se la cava bene lo stesso. Ciò non è il caso di chi ha visto il valore del proprio fondo pensione precipitare da 500'000 a 250'000 dollari: per costoro il rischio di precarietà aumenta ulteriormente.
La classe maggiormente penalizzata è quella media: per coloro che percepiscono un salario, infatti, la casa rappresenta il bene principale ed è proprio questo che ha subito un deprezzamento...
swissinfo: È più propenso a credere che il mondo stia precipitando nel baratro oppure che una crisi non sia nient'altro che un malanno passeggero?
K.E: Credo che questo momento passerà. Certo, non sono un economista, ma ho l'impressione che abbiamo praticamente toccato il fondo.
Ciò nonostante, nei prossimi mesi il mercato del lavoro continuerà a incassare duri colpi dovuti alla soppressione di impieghi, alla chiusura di stabilimenti nonché all'effetto palla di neve su tutti gli altri settori dell'economia.
swissinfo: Crede che da questa crisi nascerà un mondo migliore? E se ciò fosse il caso, sotto quale punto di vista?
K.E: Questo scenario potrebbe verificarsi, ma non prima di due anni. Il settore bancario subirà ancora pesanti perdite, mentre le case automobilistiche dovranno essere salvate dallo sfacelo. Ma ciò che mi sorprende maggiormente è ad esempio l'importante crollo del prezzo della benzina. Almeno da questo punto di vista, l'emergenza è rientrata.
Detto questo, tempo tre anni, tutto ciò non sarà più la priorità numero uno dei politici e un ritorno alle vecchie e malsane abitudini non è escluso.
swissinfo: Da molto tempo ormai, il mondo politico-economico ha sposato la teoria e il culto della «crescita». Secondo Lei si tratta di un approccio realista, idealista o ingannevole?
K.E: Personalmente, farei un distinguo tra Europa e Stati Uniti. In Svizzera, dove ho vissuto i primi 23 anni della mia esistenza, la crescita, perlomeno a quei tempi, non era un'ossessione. Negli Stati Uniti, invece, dove ho trascorso gli ultimi 25 anni ho avuto la sensazione opposta.
Qui la crescita è un mito da inseguire a ogni costo. Le società devono generare utili sempre maggiori e a tale scopo non si esitano a manipolare i conti aziendali prima della loro pubblicazione trimestrale: gli scandali che scoppiano di tanto di tanto sono l'inevitabile conseguenza di questa prassi.
Tra qualche anno, il mondo avrà una nuova geografia e gli Stati Uniti non potranno farci nulla. Il ruolo di motore della crescita passerà alla Cina, all'India e al Brasile.
swissinfo: Per concludere, di quale intervento secondo Lei necessita urgentemente il Paese in cui vive per superare le difficoltà di questo momento?
K.E: Sebbene al momento non sia più un argomento da prima pagina, dobbiamo renderci conto che i costi causati dalla guerra in Iraq e in Afghanistan non sono più giustificabili. Non possiamo continuare a iniettare miliardi di dollari in questi due conflitti, miliardi di cui abbiamo bisogno qui negli Stati Uniti.
Il settore automobilistico americano e quello informatico dovranno essere aiutati affinché possano continuare a produrre. D'altro canto, credo che il governo non abbia i fondi necessari per salvare il settore immobiliare. Occorrerebbero miliardi di dollari per riportare artificialmente il mercato al livello di quattro anni or sono.
Sono del parere che le cose debbano seguire il loro corso. Sul piano umano non mancheranno le sofferenze, ci sarà gente sfrattata perché incapace di pagare il mutuo per colpa propria ma anche degli istituti bancari.
E dire che, in tempi non sospetti, un economista dell'Università di Berkeley aveva dichiarato: «oggi, 5 milioni di persone vivono in case che non si possono permettere». 5 milioni, vale a dire, il 70 percento della popolazione svizzera. Incredibile ma vero.
swissinfo, intervista raccolta da Nelly Daynac, Washington
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)
KURT ENGEL
Kurt Engel ha cominciato la propria carriera professionale presso UBS. Per 27 anni ha assistito a diverse trasformazioni del gruppo e in particolare all'acquisizione di Paine Webber negli Stati Uniti.
Dopo 18 anni trascorsi a Chicago, a metà degli anni Novanta, in piena bolla di Internet, viene trasferito nella Silicon Valley dove contribuisce alla crescita della società che passa da 4 a 100 dipendenti.
Nel 2001, perde il suo impiego e poiché ritiene di non essere più competitivo in un settore peraltro sinistrato, decide di avviare un'attività in proprio e di ritirare un UPS Store in franchising a Oakley in California.
OAKLEY
Oakley è una città di 90'000 abitanti del nord della California. Situata nella Bay Area, nelle vicinanze di San Francisco, è un Comune tranquillo abitato prevalentemente dalla classe media.
La sua popolazione è estremamente diversificata: qui vivono famiglie di neri americani, ispanici e pachistani. Dieci anni fa, la città era circondata da vigneti e frutteti, che poco a poco hanno lasciato il posto a nuove costruzioni.
Fino a non molto tempo fa, ogni anno a Oakley venivano edificate 2000 case.

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