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Il nostro segreto bancario non è un porto franco per terroristi

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Gli attacchi contro l'America hanno scatenato la caccia internazionale ai finanziatori del terrore. In Svizzera tutte le transazioni che potrebbero avere un legame anche lontano con le stragi sono passate al vaglio degli inquirenti. Ma c'è chi si chiede se la piazza finanziaria elvetica sia abbastanza attrezzata per opporsi al terrorismo internazionale.

Questo contenuto è stato pubblicato il 20 settembre 2001 - 19:09

Il ministro delle finanze ha voluto fugare ogni dubbio. L'accusa è giunta da Londra, dove il tesoriere Gordon Brown ha invitato gli altri paesi e soprattutto la Svizzera a seguire l'esempio britannico nel settore bancario per la lotta contro il terrorismo. Brown ha fatto sapere che in tutta l'Europa ci si adopera per tappare i buchi del sistema finanziario attraverso i quali transitano i soldi del terrorismo internazionale. "La Svizzera deve varare le misure necessarie, ha ammonito Brown, e anche altri paesi dove vige il segreto bancario dovranno provvedere."

Le parole di Brown non sono cadute nel vuoto e il governo svizzero, per bocca del ministro delle finanze Kaspar Villiger ha sentito il bisogno di reagire pubblicamente. Villiger si è presentato davanti alla stampa attorniato dagli alti funzionari che in questo momento sono in prima linea sul fronte delle indagini.

Il ministro delle finanze ha ridimensionato l'attacco del suo omologo britannico, ma ha comunque passato in rassegna le disposizioni legali vigenti in Svizzera per lottare contro il finanziamento del terrorismo internazionale. L'arsenale comprende il codice penale, dove diversi articoli sanzionano la partecipazione a organizzazioni criminali e il loro finanziamento; la legge contro il riciclaggio di danaro, in vigore dal 1998; la legge sulla collaborazione giudiziaria internazionale, che determina la soppressione del segreto bancario e il blocco dei conti bancari ogni volta che esiste un sospetto. La Svizzera ha anche ratificato la Convenzione dell'ONU per la lotta contro il finanziamento del terrorismo.

Per quanto riguarda l'Afghanistan dei talebani, esiste poi una direttiva aggiornata il 12 aprile di quest'anno che stabilisce il blocco di conti sospetti. Finora sono stati bloccati i conti - con somme modeste - di alcune banche afghane in Svizzera, ma non sono stati scoperti conti appartenenti al terrorista saudita Osama bin Laden o a suoi fiancheggiatori. L'esame dei conti prosegue, ma dalla conferenza stampa non si è appreso nulla di nuovo sui riscontri fatti dopo gli attentati negli Stati Uniti. La procura federale e l'Ufficio federale di polizia hanno ribadito che le indagini sono in corso a tutto campo, ma non hanno fornito altri dettagli per non compromettere le indagini.

"Indagini, ha ricordato Villiger, che non devono essere a senso unico." Secondo il ministro delle finanze, la polizia federale americana e i servizi segreti degli Stati Uniti hanno tendenza a esigere ogni sorta di informazioni senza però a loro volta informare gli Stati con cui sono in contatto. Villiger ha ribadito che la Svizzera è disposta a collaborare con la comunità internazionale e a rafforzare ancora la lotta contro il terrorismo. "La Svizzera, ha però ribadito, non è un porto franco per criminali e terroristi e il segreto bancario non accorda a queste categorie alcuna protezione."

In un'intervista appena pubblicata dalla Neue Luzerner Zeitung, il professore Mark Pieth, docente di diritto penale e criminologia all'Unversità di Basilea, non esclude che la piazza finanziaria svizzera sia coinvolta in transazioni finanziarie che fanno capo al "banchiere del terrorismo" Osama bin Laden. Per il professor Pieth, la piazza svizzera non è però più interessante di altri centri finanziari. "Non dimentichiamo, ricorda il professore basilese, che almeno da noi esiste una normativa per confiscare le somme depositate su conti controllati da organizzazioni criminali."

Secondo Pieth, la grande difficoltà nell'identificazione di questi conti risiede nel fatto che sono spesso gestiti da prestanome insospettabili. Una persona come bin Laden, per meglio nascondersi, agisce certamente sui mercati finanziari anche con persone che non appartengono alla sua etnia. L'esperto di criminalità internazionale ricorda che le sanzioni dell'ONU per bloccare i conti di Saddam Hussein furono applicate anche dalla Svizzera, senza che ci fosse bisogno di nuove disposizioni legislative. Anche Pieth ritiene dunque che non abbia senso mettere in relazione il segreto bancario svizzero con i movimenti di capitali legati alla nebulosa del terrorismo.

Mariano Masserini

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