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I partiti vogliono rivedere la politica di sicurezza per prevenire il terrorismo

Bandiere a lutto a Berna dopo le stragi negli Stati Uniti che hanno destato dolore e indignazione anche in Svizzera Keystone

Anche per i partiti politici svizzeri gli attentati terroristici negli Stati Uniti hanno costituito una sorta di spartiacque. Dopo l'11 settembre, importanti capitoli della vita politica svizzera, come il ruolo dell'esercito, i servizi segreti, le misure di sicurezza o la politica estera dovranno essere rivisti e probabilmente modificati, alla luce di quanto successo a New York e a Washington.

Questo contenuto è stato pubblicato il 19 settembre 2001 minuti

L'Unione democratica di centro è stata la prima formazione governativa a reagire ufficialmente in questa direzione. Martedì pomeriggio ha inoltrato una mozione al Consiglio federale per un ripensamento in profondità della politica di sicurezza della Svizzera.

"Gli attacchi, si legge in un comunicato dell'UDC, hanno dimostrato che le principali minacce per gli stati occidentali idustrializzati non sono considerate né nel rapporto Brunner, né nel rapporto di politica di sicurezza e nemmeno nel progetto di riforma Esercito XXI." L'UDC chiede, tra l'altro, che la politica di sicurezza svizzera "metta al centro della sua attenzione la minaccia costituita dai gruppi etnici, religiosi e terroristici." Il partito di Christoph Blocher non ha dunque perso tempo e ha subito occupato un terreno che già in passato ha dimostrato di prediligere.

Condanna unanime degli attacchi

In parlamento, è comunque grande la determinazione di tutti i rappresentanti dei partiti politici nel condannare gli attentati. Franco Cavalli, capo della frazione socialista, vuole però anche individuare le cause di questi tragici avvenimenti. Ad esempio, il divario sempre crescente tra ricchi e poveri.

Più in dettaglio, Cavalli intravede cause legate alla "politica imperiale" degli Stati Uniti e a loro errori strategici fondamentali: "sono stati proprio loro a fabbricare Bin Laden." Cavalli ricorda che gli Stati Uniti si sono serviti del fondamentalismo islamico quando volevano combattere la presenza dell'Unione sovietica in Afghanistan, pensando che "chi è nemico del mio nemico è mio amico."

Secondo Cavalli, bisogna ora evitare di reagire in modo isterico, ma ci si può aspettare che "i partiti borghesi cercheranno di approfittare dell'accaduto per rimettere in auge vecchi strumenti di controllo, come la schedatura dei cittadini."

"Per mantenersi fuori dalla tormenta del terrorismo, Cavalli pensa che la Svizzera deve aumentare il suo aiuto nei confronti dei paesi poveri e mantenere una buona distanza nei confronti delle nazioni che contribuiscono ad accentuare il fossato tra ricchi e poveri. Secondo il socialista ticinese, oggi il maggior pericolo per la popolazione è costituito dalle centrali nucleari, possibili bersagli di un attacco suicida: "la Svizzera dovrebbe chiudere questi impianti."

Cavalli vorrebbe inoltre che la Svizzera eliminasse quell'ambiguità di fondo che caratterizza la politica estera: da un lato gli aspetti positivi del ministro degli esteri, con i diritti umani e l'aiuto allo sviluppo; dall'altro la politica economica condotta da un altro ministro, che ricalca quella degli altri paesi del nord e "che rende meno simpatica la politica della Svizzera fuori della cerchia dei paesi sviluppati."

Nessuna giustificazione

"Ricchi e poveri ci sono sempre stati, constata Walter Frey, capo della frazione UDC in parlamento, ma questo non giustifica un tale crimine contro l'umanità da parte di nessuno. Per me è in atto un'opposizione fra la barbarie e la civiltà." Per Frey, la condizione della Svizzera in quanto Stato neutrale è più che mai legittima dal punto di vista del diritto internazionale. "Ma la Svizzera non è neutrale nei confronti della criminalità e del terrorismo, che vanno combattuti senza esitazioni."

Secondo Frey, queste nuove minacce hanno evidenziato che non siamo preparati e che dobbiamo riconsiderare il terrorismo. Ciò non deve però farci dimenticare che i pericoli convenzionali rimangono e "vanno combattuti con un esercito convenzionale come il nostro." Certo, nell'ambito della riforma in corso Esercito XXI, dobbiamo rivedere le scelte fatte alla luce di quanto avvenuto negli Stati Uniti.

Stesso punto di vista per Jean-Philippe Maître, capo della frazione popolare democratica, e di Gerold Bührer, presidente del Partito radicale democratico. Franco Cavalli con i miliardi dell'esercito vorrebbe invece contribuire ad aiutare i paesi in via di sviluppo proprio per sopprimere quella linfa che alimenta l'estremismo.

Gerold Bührer pensa che anche in un mondo senza il divario fra ricchi e poveri esisterebbe comunque un estremismo violento. Non può esserci alcuna attenuante per questi atti di violenza cieca, anche se Bührer riconosce che bisogna riequilibrare sul lungo periodo la ripartizione del benessere fra nord e sud del pianeta.

Bührer è però anche convinto che accanto a un programma di aiuti economici e di sviluppo sociale sia indispensabile disporre di una solida difesa militare e di una notevole capacità intellettuale per la protezione delle libertà. "È necessaria una riflessione sulle attuali disposizioni legali per verificare se esse bastano per questo tipo di minaccia. Naturalmente non si tratta di creare nuove schede su normali cittadini. Dobbiamo anche verificare le misure di sicurezza nei trasporti pubblici, non soltanto nei trasporti aerei. Per quanto riguarda le finanze, dovremo certe stabilire nuove priorità per la sicurezza dello Stato."

Trovare le cause

Per popolare democratico Jean-Philippe Maître, infine, è indispendabile interrogarsi sulle radici di questo male, che sono molteplici. "Una violenza che si serve proprio di gente senza speranza, senza più nulla da perdere." La nostra società democratica deve mettere l'accento sul rispetto del diritto, ma senza diventare una società di ingenui. Queste nuove minacce devono spingerci a ripensare le misure di sicurezza in generale e il ruolo svolto dai servizi segreti." Per Maître, non si tratta di intaccare le libertà del cittadino, ma di garantire quei controlli mirati che permettono di garantire la sicurezza di tutti.

Mariano Masserini

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