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I bilaterali: da cerotto a sistema

Alexis Lautenberg, un "pioniere" svizzero a Bruxelles flickr.com

Grazie alla via bilaterale, l'opinione pubblica svizzera è spesso meglio informata sull'Unione europea rispetto a quella dei paesi membri: è il parere di Alexis Lautenberg, già responsabile della missione svizzera a Bruxelles, fondata mezzo secolo fa.

Questo contenuto è stato pubblicato il 15 novembre 2010 minuti
Andreas Keiser, swissinfo.ch

Nata come soluzione di ripiego dopo il rifiuto svizzero di aderire allo Spazio economico europeo nel 1992, la via bilaterale regola ancora oggi i rapporti tra la Confederazione e l'Unione europea. Swissinfo.ch ne ha discusso con l'ex ambasciatore Alexis Lautenberg.

swissinfo.ch: L'opinione pubblica elvetica è poco cosciente della presenza di una missione elvetica presso l'Unione europea a Bruxelles. Per quale motivo?

Alexis Lautenberg: Non sono sicuro che questa affermazione rispecchi la realtà. Quando ripenso ai sei anni trascorsi a Bruxelles, ho l'impressione che la missione elvetica fosse molto nota e considerata. Ritengo che pure oggi – quando vi sono avvenimenti importanti – la voce e la posizione della missione sono ascoltate.

Inoltre a Bruxelles vi sono giornalisti svizzeri molto qualificati, e di conseguenza anche i loro resoconti sono qualitativamente validi. Ho lavorato in Germania, in Italia e in Gran Bretagna: ritengo che nella Confederazione il grado di informazione e l'interesse per quanto avviene a Bruxelles è persino maggiore di quello dei cittadini degli Stati membri.

swissinfo.ch: Lei è giunto a Bruxelles subito dopo il rifiuto da parte della maggioranza del popolo svizzero di aderire allo Spazio economico europeo. Quali erano le condizioni di lavoro all'epoca?

A.L.: La maggior parte dei giornali parlava di una "missione impossibile". Non vi era alcun modello in questo senso, e il paese era profondamente diviso. Una parte dei cittadini elvetici voleva aderire all'Unione europea, un'altra chiedeva una nuova votazione sullo Spazio economico europeo e una terza era contraria a entrambe le possibilità.

I tre schieramenti si davano battaglia aspramente: di conseguenza la situazione era difficile dal profilo politico, e non soltanto per noi al fronte. Anche l'esecutivo e il parlamento soffrivano infatti di queste divisioni.

swissinfo.ch: Come ha reagito l'Unione europea?

A.L.: Durante i primi sei mesi del 1993 il governo ha sottoposto alla Commissione europea una serie di temi sui quali intendeva discutere; questi non erano però inseriti in un concetto generale e non sussisteva un ordine di priorità.

Partendo da tali temi, il nostro compito è stato quello di preparare un pacchetto tale da risultare interessante per entrambe le parti. Nel mese di novembre del 1993 – ovvero meno di un anno dopo il rifiuto dello Spazio economico – abbiamo presentato un pacchetto comprendente sette oggetti, sfociati poi nei primi accordi bilaterali.

swissinfo.ch: A quel tempo le trattative consistevano soprattutto nel trovare un compromesso tra dare e ricevere. Oggi, invece, l'Unione europea non esita a criticare la particolarità della situazione svizzera. I negoziati sono dunque diventati più difficili?

A.L.: Attualmente possiamo contare su un sostegno interno piuttosto compatto alla via bilaterale. Quest'ultima, da soluzione di un problema è diventata un vero e proprio sistema. A quel tempo, invece, si agiva in base alla ricerca di compromessi, senza seguire un preciso metodo.

Va poi ricordato che – sempre in quel periodo – la Svizzera aveva mantenuto l'obiettivo strategico di adesione all'Unione europea. Posso quindi immaginare che questa intenzione avesse spinto Bruxelles a dimostrare una certa benevolenza verso la Confederazione.

Oggi, invece, la questione di un'eventuale adesione della Svizzera non ha ormai più alcun ruolo. Di conseguenza il contesto è diverso, e si fa largo la critica all'eccezione rossocrociata. Personalmente non condivido questa obiezione, poiché in fin dei conti ognuno cerca di difendere nel miglior modo possibile i propri interessi.

In ogni caso, le condizioni quadro per la via bilaterale sono radicalmente cambiate: tutto è diventato più complicato e le questioni istituzionali hanno un ruolo molto più centrale.

swissinfo.ch: Secondo lei quale strategia dovrebbe adottare il governo svizzero, tenendo conto che la via bilaterale diventa sempre più ardua: proporre nuovamente l'adesione allo Spazio economico, valutare l'entrata nell'Ue oppure optare per una pausa di riflessione?

A.L.: Penso che non seguirà nessuna di queste possibilità. Il consiglio federale si guarderà bene dall'invischiarsi in una discussione così delicata. È stato chiaramente scelto il paradigma bilaterale, e questa sarà la soluzione anche per il futuro.

A meno che l'Unione europea cambi orientamento e decida di modificare tutto completamente, ma per il momento questo scenario mi sembra piuttosto improbabile.

swissinfo.ch: Ciononostante, in molte questioni alla Svizzera non resta altro da fare che adottare in modo "spontaneo" il diritto europeo.

A.L.: Considerando la legislazione dell'Unione europea, un fatto appare evidente: lo spazio di manovra per la Svizzera non scomparirà, ma sarà comunque sempre più esiguo. E ciò non è soltanto legato ai rapporti tra Berna e Bruxelles, ma dipende anche dal fatto che le regolamentazioni diventano sempre più uniformi a livello internazionale, basti pensare a come il G20 agisce in modo maggiormente sistematico.

In ogni caso l'Unione europea considera in modo molto serio le particolarità della Svizzera, indipendentemente dal fatto di apprezzarle o meno. Si tratta di una realtà che fa parte dell'intero dispositivo, e su questo aspetto non vi sono alternative.

Fondue e raclette per i 50 anni

La Missione svizzera presso l'Unione europea a Bruxelles festeggia lunedì sera i suoi cinquant'anni con fondue, raclette e accompagnamento musicale tipicamente elvetico.

Prima della festa, la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey prenderà la parola davanti a circa 350 invitati.

La Missione svizzera è stata istituita nel luglio del 1959, quando il governo elvetico ha deciso di stabilire relazioni ufficiali con la Comunità economica europea. L'ufficio a Bruxelles è poi stato inaugurato l'anno successivo.

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ALEXIS LAUTENBERG

Originario di Ascona e Basilea, Alexis Lautenberg è nato nel 1945 a Zurigo. Ha studiato scienze politiche all'Università di Losanna; nel 1974 è stato assunto dal Dipartimento federale degli affari esteri.

Durante la sua carriera diplomatica ha lavorato a Varsavia, Ginevra, Bonn e Berna, prima di essere nominato responsabile della missione svizzera presso l'Unione europea, a Bruxelles (1993). Dal 1999 al 2004 è stato ambasciatore svizzero in Italia, carica che ha poi ricoperto a Londra negli anni successivi.

Dopo il pensionamento nel 2010, Lautenberg collabora con lo studio Steptoe & Johnson di Bruxelles: rappresenta gli interessi delle aziende svizzere in qualità di consigliere politico ed economico. È inoltre presidente della camera di commercio anglo-svizzera.

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Avanti bilateralmente

Nel mese di settembre del 2010, il governo svizzero ha approvato la versione definitiva del rapporto sulla politica europea: la via bilaterale continua a essere quella privilegiata.

Il rapporto sulla politica europea è stato redatto in risposta al postulato della deputata Christa Markwalder, che chiedeva all'esecutivo di analizzare e – se necessario – adeguare la propria politica europea.

Il progetto del rapporto è stato utilizzato dal governo come base per la seduta speciale sull’Europa del 18 agosto 2010: i ministri ritengono nell’interesse della Svizzera proseguire le proprie relazioni con Bruxelles nell'ambito di accordi bilaterali settoriali.

Questo approccio consente – secondo l'esecutivo – di conciliare gli interessi di entrambe le parti. Finora, Berna e Bruxelles hanno firmato complessivamente circa 120 trattati bilaterali.

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