Esercito: più donne in missione all'estero
Il capo dell'esercito, Christophe Keckeis, vorrebbe che un maggior numero di donne partecipasse alle missioni militari elvetiche all'estero.
In quest'ottica, 150 militi di sesso femminile e membri del servizio della Croce Rossa hanno partecipato martedì ad una giornata informativa a Stans.
I tempi cambiano, e con loro l’esercito. Ne sono un esempio le attività dell'esercito svizzero fuori dai confini nazionali, che negli ultimi anni hanno assunto una nuova dimensione e una nuova qualità. Questo sviluppo rende necessario il raddoppio delle truppe a disposizione.
Ora, per il comandante di corpo Christophe Keckeis – il più alto ufficiale dell’esercito svizzero – è giunto il momento delle donne.
In un incontro tenutosi a Stans, dove si trova SWISSINT, il centro di competenza dell'esercito per gli impieghi all'estero, egli ha auspicato un’accresciuta presenza femminile tra i volontari che scelgono di partire in missione oltre frontiera. Si tratta soprattutto di aumentare la quota femminile – attualmente il 5% - nel contingente Swisscoy, stazionato nel Kosovo.
Un'occasione unica
Secondo Keckeis, gli interventi all'estero sono espressione e dimostrazione della solidarietà della Svizzera con i propri partner. Le missioni offrono inoltre a tutti i partecipanti un'occasione unica per fare esperienze umane e professionali in un ambito internazionale.
Una maggiore partecipazione femminile non corrisponde solo al desiderio di garantire pari opportunità a uomini e donne, ma è anche una reale necessità. "È un dato di fatto che la presenza di donne in situazioni difficili contribuisce ad evitare che il conflitto degeneri", ha dichiarato il capo dell’esercito.
Pari opportunità
Dal primo gennaio 2004, le donne possono assumere tutte le funzioni nelle forze armate e il comandante di corpo ha chiesto alle presenti di approfittare maggiormente di queste possibilità.
Keckeis si è detto convinto che è solo una questione di tempo prima che una donna guidi un contingente o una compagnia all'estero.
Le partecipanti alla giornata di Stans sono state quindi informate sulle diverse attività dell'esercito fuori dai confini nazionali, nonché sulle formazioni e sulle condizioni per una eventuale partecipazione.
Un’esperienza dura ma appagante
Secondo Keckeis, le donne non corrono più rischi degli uomini. Se l’esercito non invia donne in Afghanistan, è perché non sarebbero accettate dalla popolazione musulmana.
L’ufficiale Germane Seewer, che si è recata più volte all’estero, ha notato che in Africa non è sempre facile per una donna bianca farsi rispettare. C’è poi il rischio della malaria e "alcuni osservatori internazionali sono stati rapiti o hanno perso la vita".
Dal canto suo, la sergente maggiore Eva Zwahlen non ha avuto esperienze negative durante i quattro mesi trascorsi in Kosovo: "Le condizioni di vita sono più dure che in Svizzera, ma questo mi ha aiutata a diventare più tollerante", ha raccontato alle interessate presenti a Stans. "Voglio contribuire ad aiutare le persone che ho incontrato a vivere in pace", ha concluso la Zwahlen dopo aver salutato l’assemblea in albanese.
swissinfo e agenzie
Fatti e cifre
1953: prima missione di pace all'estero, 93 militari elvetici sorvegliano l’armistizio tra le due Coree.
Attualmente: fino a 220 volontari armati in Kosovo; 10 militari in Bosnia; quattro ufficiali in Afghanistan e diversi attivi nello sminamento in altri paesi.
Venti ufficiali lavorano come osservatori per il Consiglio di sicurezza ONU (Vicino oriente, Georgia, Congo, Etiopia/Eritrea).
In breve
In seno alla Swisscoy o nell’ambito della brigata, le donne svolgono diversi compiti.
In particolare, in qualità di OPI (ufficiale stampa e informazione), poliziotte militari, analiste, autiste, specialiste in trasmissioni, nelle funzioni mediche e amministrative.
La formazione, aperta a tutti i militari, dura dalle 7 alle 10 settimane e si tiene al centro di competenza di Stans. Le missioni hanno una durata di 6 mesi. Per diventare osservatore, è necessario avere almeno il grado di primo tenente.

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