Carbonchio: gli autori di scherzi rischiano il carcere
Chi scherza con le «lettere al carbonchio» e simili, oltre che di pagare danni salati per gli interventi di polizia, pompieri, medici e altri specialisti, rischia di finire in prigione.
Ben tre sono infatti gli articoli del codice penale in cui possono incorrere. Nei primi due, il procedimento è aperto d'ufficio, nel terzo, solo su querela.
L'articolo 258, intitolato «Pubblica indimidazione», recita: «Chiunque diffonde lo spavento nella popolazione con la minaccia o con il falso annuncio di un pericolo per la vita, la salute o la proprietà, è punito con la reclusione sino a tre anni o con la detenzione».
L'articolo 128bis punisce invece gli autori di «falsi allarmi»: «Chiunque, cosciente della gratuità del suo atto, allarma senza motivo i servizi pubblici di sicurezza o di interesse generale, un servizio di salvataggio o di soccorso, in particolare la polizia, i pompieri o i servizi sanitari, è punito con la detenzione o con la multa».
Infine, l'articolo 180, che punisce la «minaccia», stabilisce: «Chiunque, usando grave minaccia, incute spavento o timore a una persona, è punito, a querela di parte, con la detenzione o con la multa».
La detenzione va in genere da una durata minima di tre giorni ad una massima di tre anni. La multa può raggiungere un massimo di 40 000. Le due sanzioni possono essere sempre cumulate.
A seconda delle circostanze, gli articoli 128bis e 258 possono essere applicati congiuntamente, ha detto all'ats il giudice istruttore vodese Jean Treccani. Introdotti nel codice penale nel 1994, i due articoli sono «verosimilmente il risultato delle ondate di attentati terroristici degli anni '80», ha precisato Nils-Christian Robert, professore alla facoltà di diritto dell'università di Ginevra.
Il contesto attuale non dovrebbe tuttavia giocare alcun ruolo nella fissazione delle pene. Secondo Robert, nonostante la psicosi legata agli avvenimenti seguiti all'attacco terroristico dell'11 settembre negli USA, è dunque escluso che il giudice infligga una pena «esemplare».
Il suo margine di manovra rimane tuttavia assai ampio. Il magistrato deve tener conto dell'età dell'imputato, dei moventi, degli antecedenti, dell'intenzionalità del delitto e delle risorse finanziarie in caso di multa, afferma Treccani. E precisa che l'autodenuncia costituisce una circostanza attenuante.
swissinfo e agenzie

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