11 settembre, impossibile dimenticare...
L'11 settembre una successione di attentati senza precedenti colpisce gli Stati Uniti, facendo migliaia di vittime. Tre settimane dopo scatta la furia americana contro l'Afghanistan.
Aerei carichi di gente ignara e di kerosene sono stati dirottati e lanciati come bombe contro edifici-simbolo nel cuore del potere politico ed economico del Paese; i kamikaze hanno colpito freddamente e ferocemente New York e Washington. Il mondo, incredulo, è stato attraversato da un'ondata di sgomento, paura, solidarietà.
Milioni di persone hanno vissuto quell'interminabile giornata praticamente in diretta televisiva, tra lacrime e preghiere. Milioni di candele sono state accese in tutto il mondo: "Una luce per la speranza, New York non dimenticherà mai". E con New York, il mondo intero che l'11 settembre ha conosciuto la paura, il timore di essere colpiti nel più tragico dei modi in qualsiasi momento, ovunque. Nessuno è al sicuro. Immediatamente il mondo teme la terribile reazione del "Gigante".
L'11 settembre 2001 crolla la borsa di New York, che chiude per quasi una settimana. Trascina con se, al ribasso, tutti i mercati mondiali. Il colpo è fatale per le compagnie aeree, per le assicurazioni. Il mondo resta col fiato sospeso, in attesa della riapertura di New York: sarà in grado di risollevarsi?
Una giornata sotto gli occhi di tutti
In una normalissima giornata di settembre quattro Boeing vengono dirottati: in pochi minuti due di essi si infilano nelle Torri gemelle di New York, come coltelli nel burro. Il terzo colpisce un'ala del Pentagono. Il quarto Boeing non raggiunge il suo obbiettivo - la Casa Bianca? l'aereo presidenziale Air Force One? - perchè i passeggeri a bordo si ribellano. A conoscenza di quanto accaduto alle Torri gemelle, scelgono di dare un senso alla loro morte.
"Un amico che era uscito dalla prima torre del World Trade Center prima che fosse colpita la seconda, ha visto gente piovere sul selciato e schiantarsi sul cemento". Con queste parole ha cristallizzato per sempre il suo ricordo Luigi Camperchioli, giovane svizzero che si trovava a New York l'11 settembre.
Le due Torri si accartocciano su se stesse, tonnellate di macerie annientano migliaia di vite. Tra loro, i pompieri che non si sono tirati indietro; i nuovi eroi.
"Questi omicidi di massa avevano lo scopo di spaventare la nostra nazione, sprofondandola nel terrore", dice il presidente statunitense George W. Bush, "ma hanno fallito".
Sgomento nel mondo
L'ondata di attentati ha provocato una serie di reazioni inorridite in tutto il mondo. "Non ci sono parole giuste per avvenimenti tanto apocalittici e incomprensibili", ha detto il presidente svizzero Moritz Leuenberger.
Israele ha espresso cordoglio e solidarietà con gli Stati Uniti: "Noi israeliani sappiamo cosa vuol dire vivere tutti i giorni sotto la minaccia del terrore, a contatto quotidiano col sangue", ha affermato il premier Ariel Sharon.
C'è anche chi ha gioito, come il rais di Baghdad Saddam Hussein secondo cui chi semina vento raccoglie tempesta. È invece riuscito a stupire - ma ultimamente va controcorrente - il leader libico Muhammar Abu Minyar al-Geddafi, che ha liquidato come "pubblico demente" Osama bin Laden.
Un duro colpo per l'economia
"Non c'è mai stato niente di paragonabile in passato", dice a swissinfo Alessandro Plateroti, corrispondente a New York per il Sole-24 ore. "Economicamente parlando, un effetto dirompente, devastante come quello di martedì 11 settembre non c'è mai stato. Si valuta che le assicurazioni dovranno sborsare fino a 25 miliardi di dollari".
In gravi difficoltà si trovano pure le compagnie aeree, il settore del turismo, quello finanziario e i beni di lusso. "Le prospettive di ripresa a breve termine sono ormai soltanto un lontano ricordo", conclude Plateroti.
L'impatto psicologico e il senso di insicurezza
Daniele Novara, direttore del Centro psico-pedagogico per la pace e la gestione dei conflitti, organismo italiano che opera anche in Svizzera, spiega alla RSI che "dopo gli attentati dell'11 settembre l'insicurezza è legittima. Bisogna però fare attenzione a non creare uno scenario collettivo dove serpeggia il timore di una guerra a livello planetario".
In Europa c'è già paura per l'arrivo di tanti stranieri. "Se non si riesce a razionalizzare la situazione, la paura collettiva può sfociare in una caccia alle streghe, con situazioni estremamente difficili da gestire. Bisogna porre nuove basi per la convivenza civile, soprattutto a livello interno".
Guerra e psiche
"È la prima guerra del XXI secolo", ha detto il presidente americano Bush, ben intenzionato a vincerla. Tre settimane dopo viene colpito l'Afghanistan, reo di proteggere l'indiziato numero 1.
Secondo Daniele Novara "è probabile che si entri nella fase psicologica della paura di una guerra a tutto campo, dove tutti sono contro tutti. C'è quindi la necessità di porsi sul piano della comprensione. Il più grande timore che ha ora la gente è che la cultura della armi, cara agli Usa, imponga decisioni avventate come l'estensione incontrollata di conflitti".
Il timore, mentre infuriavano i bombardamenti contro l'Afghanistan, era che gli Stati Uniti allargassero la ritorsione, per punire duramente quei Paesi accusati di proteggere i signori del terrore e di formare "militarmente" gli attentatori.
Da qui ad una reazione a catena di ritorsioni e attentati - ventilati a più riprese dal leader dei talebani afghani mullah Omar - il passo sembrava davvero breve. Una distanza che, una volta colmata, avrebbe aperto la strada ad un conflitto su larga scala dalle conseguenze inimmaginabili.
Huntington e lo scontro di civilità
L'11 settembre ha rispolverato il libro "Scontro di civilità" scritto nel 1993 da Samuel P. Huntington, professore di Harvard. Lo scontro deriva dal differente rapporto fra religione e istituzioni politiche in Occidente e nel mondo islamico. L'Occidente è caratterizzato dalla separazione fra stato e chiesa, l'Islam fa invece coincidere religione e politica; la legge islamica deve dominare ovunque, anche con la forza.
"Secondo me non si può considerare l'11 settembre come l'atto volto a innescare uno scontro tra civiltà", spiega a swissinfo il dottor Maurizio Cremasco dell'Istituto Affari Internazionali di Roma. "Con questi attentati il terrorismo ha fatto il salto di qualità: i responsabili hanno trovato il modo per dare una grandissima eco ad una lotta che comunque va avanti da anni contro gli Stati Uniti, causa - secondo loro - di tutti i mali".
"Ovvio, in questo marasma di dichiarazioni, spiccano gli appelli alla guerra santa contro l'Occidente. Il fatto è che i fondamentalisti si sono inseriti all'interno di un confronto che dovrebbe essere politico o ideologico, portando la pericolosa componente della religione. E se la religione diventa politica, cambiano radicalmente i parametri del confronto".
L'eredità dell'11 settembre? Dolore, paura, riflessione, consapevolezza. E l'impressione che questo difficile "libro" abbia ancora molte pagine bianche.
Maddalena Guareschi

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